Sciriè, cazzarola, goggione e perchia: ecco i pesci da riva e da "ciambotto" di Bari
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venerdì 20 luglio 2018
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di Angela Pacucci
Un peccato, perché è proprio quello l’unico modo per conoscere da vicino la fauna marina, dato che non tutti hanno il tempo, la salute e l’età (vedi i bambini) per potersi immergere facendo snorkeling. Il rischio, in assenza di un acquario, è quello di poter conoscere “il popolo dell’Adriatico” solo quando è già sul bancone di un pescivendolo: di fatto, morto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In attesa che la città (che sta perdendo il contatto con il proprio mare) riesca a compensare questa lacuna, abbiamo deciso di descrivere e “narrare” le principali specie che vivono davanti al litorale barese, quelle "made in Bari", che rappresentano parte della cultura del capoluogo pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E così dopo avervi illustrato i "frutti di mare" e i crostacei e i molluschi oggi parleremo dei “pesci da riva”, cioè quelli che è facile ammirare immergendosi a pochissimi metri di profondità. Si tratta di animali di piccole dimensioni, stanziali, poco mobili, che si nascondono tra gli scogli. Non particolarmente pregiati, vengono comunque pescati e utilizzati per la preparazione della zuppa, il cosiddetto “ciambotto”. (Vedi anche foto galleria)
Nelle schede (compilate grazie all’aiuto del 33enne biologo marino Michele De Gioia), abbiamo indicato per i vari animali il loro “soprannome” barese, il nome comune e quello in latino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“Il Goggione” (Ghiozzo – famiglia Gobidae) – A Bari se si definisce qualcuno “goggione” praticamente lo si sta chiamando stupido e questo perché questo tipo di pesce abbocca molto facilmente all’amo. Le specie più conosciute di ghiozzo sono il “marmorato” e “geniporo”. Il primo ha un corpo allungato e di colore bianco sporco sul quale si distribuisce una punteggiatura marrone. Il “geniporo” invece è slanciato, ricoperto in parte di squame, è bruno marmorizzato con le pupille verde smeraldo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La Bavosa (famiglia Blenniidae) - Anche qui parliamo di un esemplare stanziale, che vive rannicchiato in piccole tane e non particolarmente buono. Si chiama bavosa perché la pelle è nuda e coperta da una sorta viscido muco. La più facile da incontrare è quella “ruggine”: è brunastro o olivastro e punteggiato da piccole macchie orlate di chiaro. Si caratterizza per dei tentacoli a ciuffo ramificati che partono dagli occhi: una sorta di corna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“Lo Sciriè”, “La Verdesca” e “La Cazzarola” (Donzella, Tordo Merlo, Tordo Tinca - Famiglia Labridae) – Gli animali appartenenti alla famiglia dei Labridi sono molto colorati e hanno una forma che varia molto da specie a specie. Nel mare di Bari sono tre i tipi più conosciuti.
Partiamo dalla donzella, detto in dialetto “sciriè” ma anche ironicamente “cazze de rrè” quando è di dimensioni maggiori. È un coloratissimo pesce che affolla i mari pugliesi, ha un corpo affusolato e una testa conica con occhi piccoli e rotondi. Pezzo forte del “ciambotto”, è anche mangiato fritto.
Il tordo merlo invece (chiamato “verdesca” per la colorazione grigio-verdognola della sua livrea) è meno ambito dai pescatori, anche se può raggiungere una lunghezza pari a 40 centimetri. Una particolarità: al centro di ogni scaglia si nota quasi sempre una macchia celeste.
Infine il tordo pavone, in dialetto “cazzarola” (non chiedeteci il perché). Di forma simile al tordo merlo, è ben più dipinto con un fondo giallo-olivastro che nel periodo degli amori diventa brillante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“La Perchia” e “Il Cane” – (Sciarrano e Perchia - Famiglia Serranidae) – I pesci appartenenti a questa famiglia fanno quasi sempre vita di tana o nuotano vicino al fondo. Molte specie sono ermafroditi e quindi capaci di autofecondarsi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Due sono le tipologie più “famose” nel barese. La prima è lo sciarrano, ma chiamato all’unanimità “perchia”. Ha il corpo rossastro-violaceo attraversato da 5-7 fasce verticali. La testa, variamente dipinta con macchie irregolari che somigliano a caratteri ebraici o arabi, le hanno regalato il nomignolo di “scriba”. È un molto curioso, si avvicina persino all’uomo sott’acqua, ma riuscire a prenderlo non è affatto semplice: a un colpo di fiocina o arpione risponde sempre con movimenti fulminei alla “Bruce Lee”.
E poi c’è il “cane” che in realtà in italiano si chiama perchia (a Bari quindi si crea uno scambio di nomi tra le due specie). È il pezzo meno ambito del ciambotto pur abboccando all’amo in maniera frequente. E’ allungato e tendente al marrone, con 7-9 strisce verticali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“La Rondinella” (Castagnola - Cchromis chromis) - Il suo colore molto scuro e la pinna caudale con due lobi molto appuntiti fanno assomigliare la castagnola a una rondine: da qui il suo nome dialettale. Si tratta di un esemplare molto piccolo (non supera i 10 centimetri di lunghezza) a cui nel 700 è stata dedicata una canzone napoletana: “Lo guarracino”.
Lo Scorfano - (famiglia Scorpaenidae) – Il pesce più ambito della zuppa per le sue carni bianche e pregiate, vive rintanato tra gli scogli, passando la gran parte del tempo immobile, in attesa che una preda gli passi davanti. Tutti gli scorfani hanno delle spine velenifere, soprattutto quelle opercolari e le prime dorsali. La loro puntura è dolorosa, anche ad animale morto e può provocare gonfiori e irritazioni, che possono essere leniti con acqua calda. Hanno corpo tozzo, testa massiccia, occhio grande e aculei esterni difussisimi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo due specie principali. Lo scorfano nero e quello rosso. Il primo è scuro, è facilissimo trovarlo a bassa profondità e raggiunge al massimo i 20 centimetri di lunghezza. Il secondo è rosso vivo e può arrivare al doppio della grandezza rispetto a quello nero. Si trova maggiormente in alto mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“Lo Sparasàlz” (Tracina - Famiglia Trachinidae) – Come e più dello scorfano la tracina è un esemplare velenoso, le cui robuste spine collocate sulla pinna dorsale e sull’opercolo branchiale posso causare forti dolori a chi le tocca. Anche in questo caso è necessario immergere la zona ferita in acqua calda.
La più diffusa è la tracina drago. Ha un corpo allungato, occhi globulosi e prominenti, posti molto in alto e vicini. E’ bruno-verdastro con una serie di strisce oblique azzurre e gialle, anche se spesso mimetizzandosi con la sabbia “u sparasalz” diventa di fatto bianco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“U Grengh” (Grongo - Conger conger) – Questo pesce di fatto non si vede, perché vive rintanato negli anfratti rocciosi da cui esce solo la notte per cacciare. Ma gli scogli sono pieni di questi “serpenti marini” simili alle anguille che possono raggiungere diversi metri di lunghezza. Di colore grigio scuro, il grongo è esclusivamente carnivoro ed estremamente vorace: una volta preso all’interno della pancia è possibile trovargli di tutto. Le sue carni sono molto apprezzate in cucina, anche se le sue interiora emanano un odore nauseabondo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Scritto da
Angela Pacucci
Angela Pacucci